Venne descritta da Codman nel 1934, come una condizione difficile da trattare e di sconosciuta eziologia, ma con certezza di risoluzione. Codman adottò il termine spalla congelata per descrivere pazienti con una grave perdita della mobilità della spalla e dolore ma con esami radiografici normali.
Nel 1945, Neviaser introduce il termine di Capsulite adesiva, che meglio descriveva la patologia, caratterizzata dall’ispessimento e la contrattura della capsula gleno-omerale.
La terminologia si è modificata negli anni; oggi viene utilizzato spesso il nome di Frozen shoulder contraction syndrome (FSCS).
Si è soliti differenziare la spalla congelata in : primaria (di origine idiopatica) e secondaria ovvero riconducibile ad un evento specifico come un trauma, o intervenuta dopo un intervento chirurgico o associata a una condizione sottostante come la tendinosi calcifica.
L’epidemiologia della spalla congelata (FSCS) rimane incerta cosi’ come la sua incidenza annuale sulla popolazione.
Diabete, Ipotiroidismo e Storia familiare di spalla congelata sono fattori di rischio per spalla congelata idiopatica.
La Storia naturale della spalla congelata viene spesso descritta attraverso tre fasi: Freezing, Frozen e Thawing.
Nella maggior parte dei casi la spalla congelata è contraddistinta dall’insorgenza di dolore che diventa grave ed invalidante. Il dolore diventa notturno dando luogo a sonno disturbato. La spalla in una secondo fase diventa poi rigida ed il movimento si riduce progressivamente. In un ultima fase interviene il recupero e lo scongelamento. La durata media della Storia naturale è variabile ed è stata descritta in diversi tempi da diversi Autori.
Alcuni hanno descritto un arco di tempo che và da 1 a 3 anni. Shaffer et al. Hanno riportato che il 50% delle persone a cui è stata diagnosticata una FSCS aveva dolore e/o rigidità di spalla ad un follow-up di 7anni. Al contrario Miller et al. hanno riportato un’analisi retrospettiva in cui tutti i pazienti raggiungevano la completa articolarità della spalla senza dolore durante le attività di vita quotidiana. Questi dati contrastanti suggeriscono che la storia naturale della spalla congelata può essere variabile ed alcune volte, il dolore può stabilizzarsi e la funzione migliorare, ma non sempre l’intero range di movimento viene ripristinato.
La Diagnosi di FSCS viene posta con l’Esame Obiettivo e l’assenza di anomalie radiografiche. E’ caratterizzata nell’esame fisico da una restrizione al movimento passivo dell’articolazione gleno-omerale in Rotazione interna, Abduzione e maggiormente in Rotazione esterna.
Il Trattamento della Spalla congelata parte nel dare al paziente una giusta informazione su quello che è noto circa la storia naturale della patologia ed i risultati attesi.
Utile ai fini della pianificazione terapeutica, è il suddividere la condizione del paziente in due fasi: (a) più dolore che rigidità (b) più rigidità che dolore.
Alcuni studi hanno suggerito come benefici terapeutici si possono ottenere con procedure come la mobilizzazione articolare accompagnata da esercizi, eventualmente in associazione a terapia strumentale (es. tecarterapia)
Le Mobilizzazioni passive articolari possono essere utili nella gestione della spalla congelata. In uno studio vengono confrontati i benefici ottenibili con mobilizzazioni gleno-omerali di grado alto (III e IV) con i benefici ottenibili con mobilizzazioni di grado basso (II). Maggior miglioramento per il dolore e per il movimento è stato osservato nel gruppo di mobilizzazioni di grado alto. (Vermeulen HM, Rozing PM, Obermann WR, et al. Comparison of high-grade and low-grade mobilization techniques in the management of adhesive capsulitis of the shoulder: randomized controlled trial. Phys Ther 2006).
Nelle procedure terapeutiche vengono spesso annoverate le iniezioni di corticosteroidi. Le evidenze scientifiche suggeriscono che le iniezioni di corticosteroidi possono ridurre il dolore e migliorare la funzione a breve termine e che il beneficio può essere migliorato sia a breve che medio termine quando le iniezioni di CS intrarticolari guidate sono combinate con la fisioterapia. (Carette S, Moffet H, Tardif J, et al. Intraraticular corticosteroids, supervised physiotherapy, or a combination of the two in the treatment of adhesive capsulitis of the shoulder: a placebo-controlled trial. Arthritis Rheum 2003;)
Un’altra procedura terapeutica è l’Idro-distensione artrografica; un’ iniezione di cloruro di sodio sotto guida di imaging. Viene utilizzata con lo scopo di distendere la capsula articolare contratta. Ad essa viene associata la fisioterapia che viene eseguita subito dopo la procedura di idro-distensione.
Tra i vari interventi terapeutici rientrano le MUA (manipolazioni sotto anestesia). Le prove a supporto di questa procedura terapeutica sono scarse. Dopo la procedura sono stati rilevati danni intrarticolari iatrogeni.
Ulteriore procedura terapeutica è l’intervento di Arthroscopic capsular release.
Fonti: Grieve’s Modern Musculoskeletal Physiotherapy
Cyriax J, Cyriax P. Cyriax’s Illustrated Manual of Orthopaedic Medicine